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Presentazione
Maestro del Rinascimento emiliano, Correggio è universalmente riconosciuto dalla critica come uno dei grandi protagonisti della pittura del XVI secolo.
“Nessuno meglio di lui toccò colori, né con maggior vaghezza o con più rilievo alcun artefice dipinse meglio di lui, tanta era la morbidezza delle carni ch’egli faceva, e la grazia con che e’ finiva i suoi lavori”.
La definizione che ne diede Vasari esalta le qualità dell’artista nella capacità cromatica e chiaroscurale di rendere la morbidezza dei corpi o la sofficità dei capelli, così come la grazia delle sue figure; per converso, il biografo si rammaricava della sua assenza da Roma e, dunque, della mancanza di un elemento formativo che ne avrebbe completato il carattere artistico: il raffronto con l’antico e con i maestri moderni che vi operavano al tempo, Michelangelo e Raffaello.
In assenza di dati documentari e di sue tracce artistiche nella città, la questione del rapporto di Correggio con l’antico e con Roma si è posta nel corso della storia critica sulla formazione del suo stile ed è questa la chiave interpretativa della mostra. Una esposizione monografica nella quale vengono riuniti i capolavori mitologici del pittore insieme a una considerevole serie di dipinti religiosi, nel contesto della collezione di statuaria antica della Galleria Borghese, luogo permeato di memorie classiche, nel quale tra l’altro ha lasciato la sua opera, nella loggia del primo piano, Giovanni Lanfranco, uno degli artisti che più chiaramente si riallacciò all’arte del maestro emiliano a un secolo di distanza.
Se il fatto che Correggio non abbia lasciato sue opere nell’Urbe, il maggiore palcoscenico artistico del mondo, può spiegare come la sua fama non sia divenuta universale, d’altra parte sono molti gli indizi che permettono di riconoscere nella sua pittura un rapporto con Roma, una meditazione sull’antico e sull’arte dei grandi maestri: non soltanto di Leonardo e del suo sfumato, che certamente conosceva, ma anche di Raffaello e di Michelangelo. La critica tende ormai in buona parte ad accogliere l’ipotesi di un viaggio romano, intorno al 1518-19, prima delle grandi opere realizzate a Parma.
Il rapporto di Correggio con l’arte di Raffaello, oltre agli specifici confronti con alcune opere, si rivela nello studio della maniera dell’urbinate nel giungere all’espansione plastica dei volumi e alla concatenazione dinamica e psicologica delle figure; così come la conoscenza delle grandi imprese pittoriche romane – da Melozzo a Raffaello a Michelangelo – oltre al rimando obbligato a Mantegna, trova un implicito riscontro nella nuova monumentalità e nella concezione spaziale delle grandi superfici dipinte delle cupole parmensi.
L’artista emiliano trasfigura tuttavia le sue fonti, attualizzando nell’esperienza sensitiva il riferimento alla classicità. Correggio è il pittore dei moti dell’animo, dell’espressione del sentimento: la grazia, la dolcezza o la gioia divengono nelle sue figure meravigliosamente veri, il senso dell’opera è immediatamente riconoscibile per l’osservatore grazie alla verità partecipativa o ammiccante dell’espressione dei volti. L’effetto di sensualità e di erotismo, come quello di estasi o trasporto religioso divengono convincenti e colpiscono, per la loro naturalezza, l’immaginazione dello spettatore.
La mostra Correggio e l’Antico è curata da Anna Coliva. Il Catalogo è pubblicato da Federico Motta Editore.
Allestimento
Correggio e l’Antico
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